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Malattia di Meniere
Con il termine di Malattia di Meniere si indica una patologia dell’orecchio interno caratterizzata da ipoacusia, acufeni e vertigini.
Di solito essa si manifesta in un solo orecchio, predilige la terza/quarta decade di vita, senza differenze significative di sesso. Nell’orecchio affetto si verifica un’idrope dell’endolinfa, cioè un aumento di pressione del liquido in cui sono immerse le strutture cocleari, da ricondursi a turbe metaboliche, biochimiche e pressorie.
L’andamento della malattia è ciclico, ma sempre caratterizzato dalle triade sintomatologica acufene, vertigine, ipoacusia, spesso associata a fullness, cioè sensazione di orecchio pieno.
Il trattamento farmacologico si basa sull’impiego di farmaci che riducono la pressione endolinfatica e favoriscono il recupero funzionale del vestibolo. L’iniezione di gentamicina endotimpanica può in alcuni casi aiutare a trattare lo squilibrio vestibolare.
Vertigine Posizionale Parossistica
La vertigine posizionale parossistica (VPP) è una malattia labirintica caratterizzata da brevi attacchi parossistici di vertigine rotatoria oggettiva scatenati dai cambiamenti di posizione della testa sul piano verticale e/o orizzontale, senza corteo uditivo e non raramente accompagnati da intensa sintomatologia neurovegetativa (Herdman).
Tali crisi sono solitamente ripetitive, di breve durata e si svolgono in un periodo limitato di tempo (fase attiva); talvolta recidivano dopo intervalli silenti di durata variabile (fase inattiva).
I movimenti critici più frequentemente riferiti dai pazienti sono: la retroflessione del capo, la flessione del capo, alzarsi dal letto, sdraiarsi, assumere un decubito laterale.
La vertigine insorge rapidamente dopo il movimento, viene riferita come una sensazione di vedere muovere rapidamente gli oggetti, talvolta in associazione a sensazioni di sprofondamento, si esaurisce in pochi secondi, si ripresenta ad ogni movimento critico, pur avendo la tendenza a ridursi se i movimenti vengono effettuati in rapida successione.
In circa la metà dei pazienti permane per alcune ore un’instabilità e una cefalea muscolo-tensiva-cervicale.
L’elemento patognomonico della VPP è rappresentato del Nistagmo parossistico che presenta le seguenti caratteristiche:
• Insorge solo in seguito a particolari posizionamenti
• Compare dopo una latenza di 2-10 sec.
• Ha un rapido incremento e un più lento decremento per una durata complessiva di circa 30 sec.
• La ripetizione ravvicinata della manovra di evocazione del Nistagmo può ridurre l’intesità del Nistagmo stesso (Pagnini, Mc Clure, Herdman).
E P I D E M I O L O G I A
Lo studio epidemiologico della VPP è condizionato da alcuni fattori che influenzano negativamente la possibilità di giungere ad una rivelazione precisa di forme atipiche, la frequenza di recidive imprevedibili, l’elevata percentuale di remissione spontanea, l’assenza di markers di malattia, la difficoltà di correlare la VPP ad un preciso momento eziologico costituiscono certamente dei fattori che rendono impossibile individuare tutti i casi di VPP .
Un dato certo, rilevabile dalla casistica di molti autori è che la VPP è una delle cause più frequenti di disturbi dell’equilibrio nell’esperienza ambulatoriale otoneurologica. La fascia di età interessata è compresa fra 30 e 60 anni. Vi è una maggiore incidenza nel sesso femminile con un rapporto di 2:1 rispetto a quello maschile.
E Z I O L O G I A
Il riconoscimento di un preciso agente eziologico della VPP non sempre riesce agevole e dimostrabile con sicurezza.
La maggior parte degli AA considera le forme idiopatiche le più frequenti, dal momento che non si riesce ad identificare una causa scatenante capace di spiegare l’insorgenza della malattia.
In una casistica di Baloh del 1987 riguardante 240 casi di VPP, la prevalenza nel sesso femminile (con un’incidenza doppia rispetto al sesso maschile) indurrebbe ad ipotizzare che meccanismi ormono dipendenti provocherebbero alterazione del ricambio dei componenti della membrana otolitica. Secondo lo stesso autore, tra le forme idiopatiche vanno annoverati anche quei casi in cui un’involuzione senile o alterazioni microvascolari delle strutture maculari sarebbero alla base di una iporeflettività vestibolare alle prove caloriche.
Questo dato contrasterebbe, però con l’osservazione di casi di VPP in soggetti molto giovani o addirittura in età pediatrica. Talvolta è possibile mettere in evidenza un chiaro antecedente traumatico (trauma cranico, colpo di frusta, manovre chiropratiche).
Appare suggestiva, a questo proposito, l’osservazione di alcuni AA. (Longridge et al.) che hanno segnalato una significativa percentuale di casi di bilateralità di VPP conseguente a trauma cranico.
In una percentuale variabile dal 2% all’11% è stata ipotizzata un’origine vascolare da malattie sistemiche che provocano microangiopatie periferiche, quali ipertensione arteriosa, diabete, policitemie. In questi casi è probabile che danni irreversibili del microcircolo possano determinare distacchi parcellari del neuroepitelio delle macule o distruzione della membrana otoconiale .
Nel 1956 Lindsay ed Hemenway descrissero una sindrome caratterizzata da una grave vertigine rotatoria pura senza segni uditivi, accompagnata da una notevole iporeflettività labirintica monolaterale e seguita a distanza di settimane o mesi da una vertigine posizionale parossistica da cupolo-canalo-litiasi posteriore omolaterale. Questa sindrome viene considerata espressione di una necrosi ischemica nel territorio dell’arteria vestibolare anteriore; la vertigine posizionale tardiva sarebbe dovuta a sofferenza maculare con relativo distacco otolitico.
Nella genesi della VPP sono state prese in considerazione anche cause flogistiche, a eziologia virale o batterica.
Altre cause meno frequenti sono da ricercare tra quelle “iatrogene”, conseguenti ad interventi di otochirurgia o a trattamenti farmacologici con streptomicina o a stati carenziali ( quali l’ipovitaminosi B12) o dismetabolismi del calcio, in grado di determinare danni a carico della membrana otoconiale.
Prima di trattare della patogenesi e della clinica della malattia è importante richiamare alcune nozioni essenziali di anatomo-fisiologia dell’apparato vestibolare.
P A T O G E N E S I
I primi tentativi di interpretare gli eventi patogenetici responsabili della VPP si devono a Barany, il quale attribuì ad un patologia dell’orecchio interno la vertigine parossistica conseguente all’assunzione di determinate posizioni del capo ed il Nistagmo ad essa sempre associato.
Tali intuizioni, insieme ad osservazioni successive di Dix e Hallpike, Lindsay ed Hemenway costituirono le premesse degli studi di Schuknecht del 1962. Tale autore osservò, in reperti istopatologici, conglomerati di materiale basofilo sulla cupola del canale semicircolare posteriore del labirinto di pazienti che in vita avevano manifestato episodi di VPP. Tale materiale, ad elevato peso specifico, depositato sulla cupola del canale semicircolare, ne modificava le caratteristiche di recettore, trasformandolo da sensore di accelerazione angolare in sensore di accelerazione gravitazionale.
Con una serie di ricerche sperimentali Schuknecht identificò tale deposito basofilo in un ammasso di particelle del settore endolinfatico a partenza otolitica proveniente da aree di degenerazione utricolare a sua volta provocata da una lesione nel territorio dell’arteria vestibolare anteriore.
Nacque pertanto il termine di “cupulolitiasi”. In realtà l’interpretazione otolitica della disfunzione cupolare ha prevalso per alcuni anni finché Hall, Ruby e Mc Clure (1979) hanno dimostrato sperimentalmente che vertigine parossistica pozionale e Nistagmo associato erano più facilmente spiegabili con una localizzazione dei detriti otoconiali all’interno del canale semicircolare, reperto peraltro riscontrato anche da Schuknecht ma non giuducato significativo sul piano patogenetico. L’ipotesi che le particelle possano interagire anche restando libere nella porzione canalare dell’endolinfa ha portato alla formulazione del concetto di “canalolitiasi” (Epley, Mc Clure, Parnes). Secondo tale ipotesi, la presenza di particelle libere e flottanti nell’edonlinfa del canale semicircolare, qualora aggregate in un ammasso idrodinamicamente significativo, è in grado di creare correnti endolinfatiche a loro volta capaci di stimolare (o inibire) il recettore ampollare quando mosse da variazioni di posizione del capo secondo fenomeni di compressione o di suzione dell’endolinfa.
Il problema è certamente complesso e tuttora irrisolto.
Vi sono argomenti a favore e contro sia l’uno che l’altro modello patogenetico.
C U P U L O L I T I A S I
Elementi a favore | Elementi contro |
Facilità di distacco di materiale otolitico | Assenza di vertigine durante le accelerazioni lineari |
Discordanza tra direzione del Ny e posizione della cupola | |
Faticabilità den Ny |
C A N A L O L I T I A S I
Elementi a favore | Elementi contro |
Concordanza tra direzione del Ny e CSL | Presenza di detriti liberi anche nei canali dei pazienti asintomatici |
Difficoltà nel dimostrare un effetto pompa dei detriti sull’endolinfa canalare |
Pertanto, a seconda del canale semicircolare interessato si distinguono:
• Cupulo–litiasi posteriore
• Canalo-litiasi posteriore
• Cupolo–litiasi orizzontale
• Canalo-litiasi orizzontale, a sua volta suddivisibile in forma del braccio non ampollare e forma del braccio ampollare
• Cupulo-canalo-litiasi superiore (pressoché indimostraete)
• Canalo-litiasi della “crus comune”
E’ inoltre distinguibile una forma monolaterale da quelle bilaterali, certamente più rare.
F I S I O P A T O L O G I A
Nel canale laterale un flusso endolinfatico diretto in senso ampullipeto provoca una stimolazione eccitatoria; invece nei canali verticali il flusso ampullipeto risulta inibitorio, mentre la corrente ampullifuga è eccitatoria.
Nella VPP si verificano importanti alterazioni nella dinamica dei liquidi labirintici e di conseguenza nei fenomeni di eccitazione recettoriale.
Litiasi del CSP
La presenza di detriti otoconiali sulla superficie cupolare (lato utricolare) o nell’endolinfa del CSP rendono i recettori canalari abnormemente sensibili agli stimoli gravitazionali e fanno sì che il movimento del capo sul piano del CSP risulti efficace nel produrre Nistagmo cui si associa una vertigine, spesso di notevole entità.
Nel caso dei posizionamenti di Dix-Hallpike o dei posizionamenti diagnostici di Semont, quando il paziente raggiunge la posizione con capo iperesteso e ruotato di 45° dalla parte del lato in esame, compare un movimento oculare nistagmico che ha le seguenti caratteristiche:
• ha una latenza di 3-15 sec.
• è dissociato : la sua fase rapida (come anche la fase lenta) batte in una direzione che è diversa per i due occhi.
• è disconiugato : è prevalentemente rotatorio nell’occhio ipsi.laterale al canale interessato e prevalentemente verticale nell’occhio controlaterale.
La fase rapida della componente rotatoria ha direzione antioraria nel caso del CSP destro e oraria nel caso del CSP sinistro.
La componente verticale ha fase rapida verso l’alto
• è quindi geotropo, cioè batte secondo la forza di gravità
• ha breve durata: di solito pochi sec.
• è parossistico : aumenta rapidamente in ampiezza e velocità angolare, raggiunge un plateau, decresce rapidamente fino a scomparire
• è affaticabile, cioè la ripetizione dei posizionamenti riduce l’entità del Ny
• inverte la sua direzione quando il paziente viene riportato in posizione seduta. Infatti se le particelle si trovano lungo il canale (canalo-litiasi) si muovono in direzione dell’ampolla; se si trovano adese alla matrice della cresta ampollare, dal versante canalare o utricolare, provocano la deflessione della cupola verso l’utricolo: in entrambi i casi si ha un movimento ampullipeto dell’endolinfa e il nervo ampollare viene sollecitato in senso inibitorio. Il riflesso oculo-motore che ne deriva provoca la contrazione dei muscoli obliquo inferiore omolaterale e retto superiore controlaterale: il Nistagmo batte perciò in senso orario (CSP destro) o antiorario (CSP sinistro) ed in entrambi i casi è geotropo. L’identificazione di un Nistagmo che presenta le suddette caratteristiche consente una diagnosi certa di VPP da litiasi del CSP. È possibile fare una distinzione fra cupulo- e canolo-litiasi perché nella fase liberatoria della manovra di Semont della cupulo-litiasi il Nistagmo liberatorio è anche esso geotropo; nella canalo-litiasi diventa apogeotropo.
Litiasi del CSL
Il Nistagmo evocato dai posizionamenti laterali (Pagnini, Mc Clure) presenta le seguenti caratteristiche:
• ha una brevissima latenza
• è orizzontale puro (perché i nuclei oculo-motori interessati sono del retto mediale omolaterale e del retto laterale controlaterale)
• è parossistico
• ha durata limitata: alcune volte può durare oltre un minuto.
• è molto intenso
• è visibile anche sotto fissazione
• è accompagnato da intensa vertigine
A seconda della direzione del Nistagmo si distinguono due forme: di VPP : la variante con Nistagmo geotropo bidirezionale e quella con Nistagmo apogeotropo bidirezionale.
Variante geotropa
È un Nistagmo con direzione corrispondente a quella della forza di gravità: cioè è destro sul fianco destro, sinistro sul fianco sinistro. Secondo l’ipotesi patogenetica della canalo-litiasi (l’unica accettabile in questa variante) il Nistagmo è generato dal movimento ampullipeto o ampullifigo di detriti a peso specifico maggiore dell’endolinfa liberi di muoversi nel braccio non ampollare del canale. Il Nistagmo geotropo ha maggiore velocità angolare (cioè è più intenso) quando la testa è ruotata verso il lato patologico.
Frequentemente, una volta esaurito il Nistagmo parossistico geotropo compare un Nistagmo apogeotropo non parossistico, di non elevata velocità angolare, con una durata superiore a quella del Nistagmo geotropo (legato probabilmente a fenomeni di assestamento del recettore ampollare).
Variante apogeotropa
La fase rapida è diretta in senso opposto a quello della forza di gravità: è sinistro sul fianco destro e destro sul fianco sinistro.
La spiegazione patogenetica di questo Nistagmo può essere fornita dalla presenza di detriti endocanalari liberi nel braccio ampollare (canalo-litiasi) o dalla loro adesione alla matrice della cresta ampollare (cupolo-litiasi) sul versante canale o utricolare.
In questa variante il Nistagmo è più intenso quando la testa è ruotata verso il lato sano : infatti compiendo questa rotazione, sia nel caso di una canalo-litiasi che di una cupulo-litiasi si ha una deflessione ampullipeta delle ciglia del recettore ampollare e quindi una stimolazione di tipo eccitatoria (II legge di Ewald).
Alcune volte nel ripetere le manovre di posizionamento rapido sui fianchi, il Nistagmo apogeotropo si trasforma in Nistagmo geotropo, ad indicare che il bolo otoconiale è passato dal braccio ampollare a quello non ampollare. Tale evenienza è il prerequisito perché abbiano efficacia le manovre liberatorie.
Litiasi del CSS
Dal punto di vista teorico sembra che, se dopo una manovra di posizionamento di Dix e Hallpike verso un lato compare un Nistagmo dissociato verticale verso il basso e rotatorio apogeotropo, possa trattarsi di una litiasi del canale semicircolare superiore controlaterale al lato verso il quale è stata effettuata la manovra. In realtà, nella pratica clinica, questo reperto è di osservazione pressoché impossibile perché probabilmente la litiasi del CSS si trasforma in litiasi del CSP, considerata l’ampia comunicazione dei due
Case report: fibroma desmoplastico della mandibola
Case report di un fibroma desmoplastico della mandibola in un infante.
Il fibroma desmoplastico (FD) è un tumore benigno molto raro del tessuto osseo, rappresenta infatti l’1% di tutti i tumori ossei [1]. La localizzazione più frequente è la mandibola[2], . Essendo un tumore benigno non genera metastasi, ma la gestione della patologia è resa difficoltosa dal carattere aggressivo della stessa e dall’alto rischio di recidiva[3].
Nel 1965 Griffith e Irby hanno pubblicato il primo lavoro sul fibroma desmoplastico della mascella[5]. Questa pubblicazione ha aperto la strada alla descrizione di un numero di casi valido, ma comunque abbastanza contenuto. A riprova della rarità del FD c’è una ricerca effettuata su PubMed che annovera dal 1968 al 2009 solo 76 casi di fibroma desmoplastico della mascella e mandibola[6].
Il termine FD è stato usato per la prima volta nel 1958 da Jaffe per descrivere una variante di tumore fibroso dell’osso a comportamento aggressivo osservato in femore , tibia e scapola.[4].
Incidenza
Nel 22% dei casi descritti la localizzazione della lesione è la mandibola [8].
L’incidenza della patologia della mandibola è la stessa in entrambi i sessi [9]. Da uno studio si rileva che in media l’età della diagnosi definitiva è di 15,1 anni[10].
Genetica
Riguardo l’eziologia varie ipotesi sono state formulate e si ritiene siano coinvolti vari fattori: endocrini, genetici oltre che eventi traumatici. Dal punto di vista genetico nel 2013 Flucke ha condotto uno studio su 7 casi, di cui 5 di fibromatosi desmoide e 2 con fibroma desmoplastico. Tutti i casi hanno mostrato espressione nucleare della b- catenina [11]. E’ stata evidenziata in tutti i casi di fibromatosi desmoide una mutazione del gene CTNNB1 in 3 casi livello del p.t41A, in 1 caso a livello del p.S37A, in un altro a livello del p. D32v[12]. Al contrario non è stata riscontrata nessuna di queste alterazioni genetiche nei casi di FD. Inoltre nell’85% dei casi di fibromatosi desmoide sono state identificate mutazioni della b-catenina umana (CTNNB1) localizzato sul cromosoma 3p21, al contrario non è stata documentata alcuna alterazione della b- catenina nei 2 casi di fibroma desmoplastico. Tuttavia non si esclude del tutto l’implicazione della mutazione del gene della b-catenina nella genesi della patologia[12].
Dal 1991 sono attivi molti studi finalizzati a correlare la positività di alcuni marker immunoistochimici con la diagnosi di questa patologia. L’immunoreattività è risultata negativa per le proteine S100 e MSA, debolmente positiva per Ki-67 e positiva per SMA e vimentina. [22]
Anatomia Patologica
Il quadro istopatologico è caratterizzato da abbondante tessuto connettivo con scarsa componente cellulare di fibroblasti aventi nucleo sottile e allungato. Sono presenti trabecole ossee di forma irregolare e curvilinea che hanno l’aspetto a “radice di zenzero”. Assente è anche la rima di osteoblasti nella zona di erosione dell’osso. Non sono evidenti atipie né mitosi. [23]
Diagnosi Differenziale
Le caratteristiche anatomopatologiche del FD permettono di distinguere questo tumore da altre lesioni simili. [13].
La fascite craniale /nodulare rappresenta una importante alternativa nel quesito diagnostico. Dal punto di vista anatomo-patologico questa patologia è caratterizzata da fascicoli di fibre più corti, frammisti a cellule infiammatorie e a stravaso di eritrociti. Non è presente l’espressione della β-catenina[14].
Nel sarcoma fibromixoide di basso grado il marker immunostochimico specifico è il MUC4; pareri discrepanti invece ci sono a riguardo all’espressione della β- catenina.[15]
Il sarcoma miofibroblastico di basso grado si differenzia perchè colpisce raramente i bambini . Istologicamente l’elemento dominante è costituito dai mio fibroblasti. La lipofibromatosi è anch’esso un tumore raro nei bambini e inoltre presenta una abbondande componente adiposa. Non vi è espressione di b-catenina. Il tumore maligno originato dalla guaina mielinica è la patologia meno affine, infatti l’atipia nucleare è davvero poco presente. Il miofibroma che è il più frequente tumore dell’infanzia, è caratterizzato dalla presenza di noduli mioidi e da una matrice ialina frammista ad aree simili ad emangiopericitoma. Il leiomiosarcoma raramente colpisce i bambini, ma le lesioni di basso grado possono essere confuse con patologia desmoide, anche se in questa patologia manca la b-catenina. Il tumore infiammatorio miofibroblastico extrapolmonare è un’alternativa da prendere in considerazione data la presenza di fasci di fibre e la presenza di collagene. Anche in questo caso non vi è espressione di β-catenina. La cicatrice ipertrofica può mimare questa patologia, ma si differenzia perché istologicamente manca del pattern fascicolare del FD .[16]
Clinica del FD
Clinicamente questa patologia non è caratterizzata da segni o sintomi patognomonici. Può essere a lungo silente e a volte può essere diagnosticata persino come incidentaloma. La sintomatologia è, infatti, legata all’espansione della massa tumorale[17] per questo oltre a creare evidenti deformità facciali la lesione può manifestarsi con sintomatologia algica, per compressione di strutture nervose oltre che vascolari e se localizzate a livello mandibolare può rendersi evidente con trisma.
Dal punto di vista macroscopico il FD si presenta come una tumefazione, del diametro variabile, ricoperta da cute integra, di consistenza teso elastica, non capsulata, fissa sui piani profondi e su quelli superficiali, scarsamente dolente.
Diagnostica per immagini
Radiograficamente il FD si presenta come formazione radiotrasparente a margini ben-definiti e non sclerotici. Può essere evidente una eventuale erosione o perforazione della corticale ossea. [18]
La TC è sicuramente un esame più specifico rispetto all’esame a raggi x perché permette di evidenziare meglio l’estensione della massa e il coinvolgimento dell’osso. La Risonanza Magnetica invece evidenzia formazione isointensa ed ipointensa sia in T1 che in T2. [19]
Trattamento
Nel giugno 2014 Wood ha pubblicato uno studio sulla review della letteratura in lingua inglese sul FD. Sono stati analizzati 152 casi e la modalità di trattamento.[20]
Dallo studio si evince che il trattamento è chirurgico infatti su 152 casi 109 sono stati sottoposti a terapia chirurgica. In 63 casi è stata eseguita la resezione della neoplasia in blocco con l’osso sottostante; in 44 casi è stata eseguita l’escissione della massa; in 13 casi il semplice curettage. E’ stato sempre necessario ampliare i margini di resezione, sia per l’elevata frequenza di recidiva, sia per il frequente coinvolgimento dei tessuti molli circostanti.[21]
In 8 casi è stata utilizzata terapia con doxorubicina e vincristina. [20]
Follow-up
Wood inoltre ha documentato nella review l’importanza del follow-up nel pazienti trattati. Di 120 pazienti sottoposti a follow-up in un periodo variabile da 3 mesi a 17 anni, solo 18 hanno presentato recidiva.
“In genere è raccomandato un follow-up non inferiore a 3 anni. [21]”
Anamnesi
Nel Marzo 2014 è giunta alla nostra osservazione una bambina di 2 anni con tumefazione sottomandibolare sinistra ed ipertrofia tonsillare datata da oltre tre mesi.
Al momento del ricovero la piccola paziente presentava trisma quasi serrato e in sede sottomandibolare una tumefazione ovalare del diametro di circa 3 cm, dura alla palpazione, mobile sui piani sottocutanei e fissa su quelli profondi. Concomitava micropoliadenopatia laterocervicale bilaterale. Sottoposta ad esame tomografico, si evidenziava una lesione osteolitica dell’emimandibola di sinistra, estesa per circa 3 cm, non affiorante alla superficie vestibolare della corticale ossea mandibolare, e nel cui contesto c’erano grossolane bratte ossee.
In data 16/04 /2014 la bambina veniva sottoposta a cervicotomia esplorativa sottomandibolare. L’intervento chirurgico è consistito nell’adenectomia sottomandibolare in blocco con tessuto neoformato della loggia profonda e pavimento buccale. La corticale vestibolare della mandibola era molto assottigliata per la presenza di una grossa neoformazione a limiti indistinti che coinvolgeva la branca orizzontale dell’osso. Venivano eseguiti prelievi per esame bioptico.
L’esame istologico mostrava “proliferazione fibroblastica-miofibroblastica in pattern di aggregazione fascicolare con esile vascolarizzazione a decorso parallelo a fasci con bassa cellularità, senza mitosi nè atipie”. Tali aspetti morfologici deponevano complessivamente per fibroma desmoplastico. Poiché l’esame istologico, data l’esiguità del materiale analizzato, non poteva escludere una eventuale lesione maligna di basso grado e ai fini di una più completa stadi azione la paziente è stata sottoposta a RMN (09/05/2014), che ha confermato la lesione osteolitica dell’emimandibola sinistra, sconfinante medialmente nello spazio sottomandibolare e con stretti rapporti con la ghiandola sottolinguale e i muscoli pterigoidei, senza tuttavia un clivaggio sicuro.
Quindi la bambina veniva sottoposta a nuova cervicotomia sottomandibolare. La massa è stata enucleata dai tessuti molli della guancia e dal versante interno del ramo e della branca montante della mandibola.
A distanza di quattro mesi la RMN non ha mostrato segni di recidiva.
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